L’inizio della seconda guerra rende la vita del
paese ancora più difficile. Gino inizia le elementari che segue
senza particolare entusiasmo. I disagi della guerra costringono a
frequenze saltuarie sia alunni che insegnanti; pare che egli abbia
anche subìto una ripetenza. E’ un bambino piuttosto taciturno, che a
differenza dei coetanei non si permette alcuna insolenza verso i
coetanei e le compagne; un riserbo che manterrà negli anni a venire.
Per il resto è un ragazzino come tutti: corse per
i campi, ginocchia sbucciate, litigi a suon di cartellate.
Due anni dopo la fine del conflitto mondiale -
Gino ha undici anni e il padre è scomparso il 21 giugno 1946 - la
famiglia si assume il gravoso impegno di farlo proseguire negli
studi. In due anni ottiene da privatista la licenza media e si
iscrive (1948) alla Scuola di Avviamento Commerciale (Valussi). Gli
esiti scolastici non sono positivi. Tenta quindi, dal ‘50 al ‘52 la
frequenza all’I.T.I. (Malignani). Altro risultato negativo.
Certamente egli sente scarsa attrattiva per le
materie tecnico-pratiche; inoltre trascorre un’adolescenza
durissima. Spesso si alza alle quattro del mattino, inforca il
triciclo con gli ortaggi coltivati dalla madre per il mercato di Via
Volturno, e poi a scuola. "Fruzzât de fadìe".
Verso i sedici anni la decisione risolutiva
seppur rischiosa: l’iscrizione alla quarta Ginnasio dell’Istituto
"Jacopo Stellini" (1953). Proseguirà con successo fino al 1957, con
la promozione alla seconda Liceo Classico, che però non frequenta
per via del Servizio Militare, prestato fra i "Fanti d’arresto"
o "cravatte azzurre" nella caserma "Tagliamento" di
Arzene (1958-’59).
La vita militare è un’esperienza diversa che egli
ricorda in molte composizioni: nuove conoscenze, altro ambiente,
tanti dialetti, dover dire signorsì... a un sacco di gente.
Stringe relazioni amichevoli con la gente di
Arzene, che ancora io ricorda con affetto. Forse anche si innamora,
ma questo non ve lo diciamo.
Assolto l’obbligo di leva, ottiene la maturità
classica (1962) e si iscrive alla facoltà di Lettere classiche a
Trieste.
Il corso degli studi è senza dubbio positivo,
anche se dilazionato nel tempo per ragioni di lavoro (supplenze
temporanee nelle scuole), ma anche per uno straordinario impegno
nello studio delle lingue.
Si ha notizia di un suo ragionato criterio per la
scelta delle stesse: diceva che con latino e greco aveva maturato
l’interesse per svariate lingue germaniche (tedesco, svedese,
danese; quindi l’inglese) e successivamente di aver voluto
affrontare la famiglia neolatina, con il francese, lo spagnolo, il
portoghese.
Durante la frequenza dell’Università inizia lo
studio dello sloveno e del serbo-croato; riprende inoltre la lingua
russa, già affrontata ai tempi de! liceo.
Una decina di lingue, una più
una meno...
Verso la trentina (1966) è stimato Istitutore al
"Villaggio del fanciullo" di Opicina; passerà in seguito, con
mansioni di prefetto vigilante, nell’Istituto Friulano Orfani (I.F.O.)
di Rubignacco, presso Cividale del Friuli (1968).
La scelta del lavoro di Istitutore non è un
ripiego. Educatore nato, egli esercita grande fascino sui giovani.
Sta lavorando alla Tesi di Laurea in lettere
classiche; ha un futuro promettente nel mondo della cultura.
Ma è proprio a Cividale (Rubignacco) che, colto
da malore improvviso e trasportato d’urgenza all’ospedale, scompare
a trentaquattro anni.
Il 15 Ottobre 1970.
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