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Mario Vecchiatto nasce a Udine, in via
di Mezzo, il 21 maggio 1931.
Amico e vicino di casa di Luigi Cainero (anch’egli in seguito
più volte azzurro di pugilato), viene attratto dalla noble art e
comincia a frequentare la palestra dell’Associazione Pugilistica
Udinese, diretta dal suo fondatore Giacomo Morgante. Dotato di
buon fisico, abilità motoria e potenza, apprende totalmente la
tecnica, che gli viene insegnata anche da Steve Klaus e Natalino
Rea.
Da pugile dilettante disputa oltre un centinaio di combattimenti;
più volte azzurro, nel 1952 a Trieste viene sconfitto ai punti nella
finale dei Campionati nazionali da Aureliano Bolognesi (divenuto, lo
stesso anno, campione olimpico a Kelsinki) e nel 1953, a Bologna,
diventerà Campione italiano nei pesi superleggeri.
Terminato il servizio militare di leva, passa a professionista
nella scuderia di Bruno Fabris e il 4 settembre 1954 debutta sul
ring del teatro Principe di Milano battendo prima del limite Piero
Schettino, poi Mario Posca, il francese Felix Rollè e altri. |
Milano, considerata la mecca del pugilato italiano, gli tributò
tanti applausi e l’organizzatore Plinio Gabassi lo ripresentò spesso
agli habitué del teatro di viale Bligny.
Tenta la scalata al titolo italiano dei pesi leggeri per la
prima volta nel ’57 a La Spezia e viene sconfitto ai punti da
Bruno Visintin. Ci riprova un anno più tardi a Parma contro
Marcello Padovani e anche questa volta gli va male: perde,
infatti, per squalifica all’ottava ripresa. In seguito
Vecchiatto, passato con Libero Cecchi, stende, tra gli altri, la
promessa francese Marcel Duprè e batte il fuoriclasse cubano
Orlando Zulueta, rifiutato in un primo tempo anche dal grande
Duilio Loi.
La sera del 9 agosto 1958, sulla pista di pattinaggio di Lignano
Sabbiadoro, migliaia di tifosi friulani assistono al suo trionfo su
Annibale Omodei, che vale la conquista del titolo italiano dei
leggeri. Ormai è diventato un campione e ne ha tutti i crismi, ma
Vecchiatto resta sempre un ragazzo umile e schivo. Pur se viene da
tutti invitato (anche il mondo della pedata se ne accorse e lo
chiamò a dare il calcio d’inizio a partite importanti), preferisce i
soliti amici e, con loro, non disdegna la sigaretta e un buon
bicchiere di vino, ma se c’è da combattere si fa trovare ben
preparato.
Il 5 settembre dello stesso anno affronta a
Milano per la corona europea il mitico Duilio Loi. L’incontro
terminerà alla pari ma molti sono convinti che Mario l’avesse
superato nel punteggio. Il 27 settembre Vecchiatto mette
volontariamente in palio il titolo tricolore a Lugo di Romagna
contro il guardia destra Bruno Ravaglia e anche lì ne uscirà
un pari che non sarà ben accolto dall’entourage del friulano.
Il suo procuratore non è più nelle grazie dei maggiori
organizzatori del momento, ma riesce comunque ad affrontare e
sconfiggere pugili del valore di Charley Douglas (Usa),
Fernand Nollet (Francia) e a difendere il titolo a Udine
contro il veneziano Germano Cavalieri, in un palasport gremito
al punto che vennero usate anche le sedie tolte dalla cucina
del custode.
L’attività per lui in Italia comincia a scarseggiare
e Vecchiatto tenta la via americana, con la prospettiva
di un incontro per il titolo mondiale, ma purtroppo le
cose non vanno per il verso giusto e al suo esordio a
Chicago viene sconfitto da Bobby Scalon. |
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Mario non si abbatte, rientra subito a casa – si sta facendo
costruire una graziosa villetta a Pasian di Prato – e riparte
per Ginevra dove batte il francese Epiphane Akono.
Intanto Loi ha lasciato vacante il titolo europeo e Vecchiatto
viene chiamato a contenderselo con il francese Laouari Godith
all’ottava ripresa. La polemica di Cecchi con gli organizzatori
italiani continua e Mario combatte due volte a Parigi e deve
accettare di incontrare a Londra lo sfidante ufficiale al titolo
europeo il mancino inglese Dave Chaenley nello stadio di Wembley. E’
la notte del 29 marzo 1960. il match è di quelli epici: per nove
riprese il pugile udinese tiene testa al britannico, alla decima
l’epilogo. Dopo atterramento, Vecchiatto, colpito alla mascella,
finisce nuovamente al tappeto. Si rialza subito, ma appena in piedi
alza una mano. L’arbitro interpreta il gesto come abbandono e
sospende l’incontro. Nello spogliatoio Vecchiatto dirà che il suo
gesto voleva far intendere al’arbitro che era in grado di proseguire
il match, ma ormai la frittata è fatta.
Il 30 ottobre, a Milano, lascia nelle mani del pavese Giordano
Campari anche il titolo di campione italiano. Lo riconquisterà a
Roma il 7 dicembre 1962 con Renato Giacchè e lo difenderà,
vittoriosamente, dall’attacco del livornese Franco Brondi il 18
luglio 1963 a Lignano Sabbiadoro. Ancora detentore di quel titolo,
si ritirerà dall’attività agonistica per aver ottenuto un impiego
dal Comune di Udine in qualità di custode dei campi da tennis e poi
del Benedetti, dove per tanti anni si era allenato e aveva
combattuto, inaugurandolo la sera del 30 novembre 1957 con la
vittoria su Duprè.
Mario Vecchiatto, colpito da male incurabile, muore a Udine il 16
maggio 1985, salutato al funerale da una grande folla e dalle
stentate note della tromba che suona il silenzio fuori ordinanza.
Aveva militato nella gloriosa brigata alpina Julia.
Cittadino adottivo di Pasian di Prato fin dal 1959, a Mario
Vecchiatto, con Deliberazione n. 157 del 23 maggio 2005, il Comune
di Pasian di Prato ha voluto dedicare il nuovo Palazzetto dello
Sport, inaugurato nel 2005.
Testo: © Il Friuli.it |