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Ferruccio Missio nacque a Passons il 10 settembre 1906.
Conseguito il titolo di ragioniere a soli 16 anni e adempiuti gli
obblighi militari, fu assunto quale funzionario della Cassa di
Risparmio di Cividale per poi diventare fiduciario della filiale
tolmezzina della Banca Cattolica del Veneto.
Intelligente, attivo, di ferrea volontà e di rettitudine adamantina,
si distingueva anche per la rara bontà e delicatezza d’animo,
congiunta ad una fine modestia.Viveva a Tolmezzo, con la moglie
Luigina e i figli Gianpaolo e Mariangela quando, nel dicembre del
1940, fu raggiunto dalla cartolina-precetto del richiamo alle Armi.
Fu incorporato nella divisione “Marche”, facente parte del XVII
corpo d’Armata impegnata sul fronte Jugoslavo-albanese, assegnato al
Gruppo artiglieria someggiata, col grado di tenente.
Tale fronte si presentò difficilissimo per la particolarità
geografiche delle zone in cui le truppe italiane si trovavano a
operare, nonché per la durezza dei combattimenti di guerriglia ai
quali le truppe italiane, non abituate, si trovavano spesso
soccombenti: si trattava di operazioni di guerra estenuanti, logoranti e
particolarmente feroci. |
Nel febbraio del 1943 il capitano Missio, già distintosi negli anni
precedenti in varie operazioni di polizia contro i ribelli, fu
designato, quale ufficiale scelto di piena fiducia, ad una
importante azione di appoggio alla divisione “Murge”, che presidiava
la località di Jablanica, a pochi chilometri da Mostar, nell’attuale
Bosnia Erzegovina.
La 9°
batteria del 32° artiglieria, comandata da Ferruccio Missio,
giunse a Jablanica nella mezzanotte del 15 febbraio 1943,
appostando i suoi mezzi in soccorso della “Murge” su
un’altura, e iniziando subito i tiri. I combattimenti durarono
dal 16 al 19 febbraio.
Nel frattempo altri battaglioni avevano ceduto, in un quadro
fosco di tradimenti da parte di un ufficiale triestino che
passò al nemico e in una situazione in cui le forze ribelli,
armate e ben organizzate, si dimostravano in forze
assolutamente soverchianti (si ritiene 20.000 uomini). |
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Ma la 9° batteria (composta da soli
250 soldati) resisteva con ogni mezzo, tanto che i ribelli tentarono
di convincere alla resa il capitano Missio, che rifiutò, nonostante
lo scarseggiare di mezzi e munizioni. Resistette ancora, con 250
uomini, 40 muli e 4 cannoncini e poche bombe a mano, contro 20.000
avversari. Le operazioni contro la 9° batteria furono comandate sul
campo da Tito in persona.
Successivamente, quando il comandante della divisione
“Murge”, Colonnello Moltoni, per evitare una strage di sodati
italiani e sperando in un improbabile rispetto della Convenzione di
Ginevra da parte dei ribelli, pensò di innalzare bandiera bianca, il
Capitano Ferruccio Missio, pur ferito, espresse sommessamente il suo
parere contrario, dichiarandosi tuttavia pronto ad obbedire agli
ordini. Queste – secondo i resoconti posteriori – le parole del
capitano: “I nostri morti ci indicano che l’unica strada da
seguire non può che essere quella dell’onore. Non arrendiamoci,
altrimenti significherebbe che i nostri compagni morti sono divenuti
tali inutilmente e non va dimenticato che l’onore delle armi
italiane, in questi giorni, è affidato a noi e all’esempio che
sapremo dare”.
Le parole del capitano furono condivise dai suoi commilitoni.
Prima di arrendersi il Capitano Missio ordinò di far saltare i pezzi
e di uccidere i muli in modo che nulla potesse restare nelle mani
dei
ribelli.
Consegnatisi al nemico, questi - in spregio delle Convenzioni e di
qualsiasi sentimento di umanità - uccise i feriti gravi e concentrò
inizialmente gli altri prigionieri in un albergo di Jablanica per
poi ammassarli in un prato presso il paese dove, a mezzo di un
interprete, fu fatto l’appello degli ufficiali in base ad un elenco
forse fornito dall’ufficiale traditore. Gli uomini del capitano
Missio volevano impedirgli di rispondere all’appello per aver salva
la vita, ma la minaccia dei nemici di decimare la truppa, convinse
Missio a farsi avanti così come fece un sottotenente di 20 anni,
Francesco Angileri, che – non chiamato in appello – commosso dal
coraggio del suo capitano e nonostante la sua raccomandazione di
sottrarsi in virtù della sua giovane età, si fece avanti anche lui,
esponendosi al martirio.
Il capitano Missio, passando non lontano dai suoi uomini che
strozzavano il pianto in gola, gridò: “Ragazzi, salutate l’Italia
e gridate “Evviva l’Italia”.
Gli ufficiali, dopo un tentativo di interrogatorio, furono spogliati
e condotti presso un ponte ferroviario vicino al paese, e uccisi uno
ad uno (32 uomini). Era il 22 febbraio 1943.
Il corpo dell'eroe rientrò in Italia solo molti anni dopo e riposa
ora nel Cimitero di San Vito a Udine.
A tutti gli ufficiali fucilati fu concessa nel 1958 dal Presidente
della Repubblica la Medaglia d’Argento al Valor Militare. Per
Ferruccio Missio fu questa la motivazione:
“Comandante di batteria someggiata, sistemata in caposaldo, in
ambiente di accanita guerriglia e particolarmente ostile, attaccato
da preponderanti forze avversarie, sostenne per più giorni un’impari
lotta con i propri dipendenti esaltati dal Suo esempio. Sopraffatto
e passato per le armi affrontava impavido la morte”.
Le vicende terribili e dolorose di Jablanica sono
state ricordate in numerose occasioni.
A Francesco Angileri, il giovane sottufficiale che
non si sottrasse al destino degli altri ufficiali, il Comune di
Marsala, in cui ebbe i natali, ha dedicato una strada nel centro
cittadino.
Alla figura straordinaria di Ferruccio Missio sono stati tributati
numerosi riconoscimenti:
-
Il Comune di Pasian di Prato gli ha intitolato una
strada nella zona del Centro Studi e lo stesso parco pubblico del
capoluogo, che insiste nella stessa zona è comunemente definito
“Parco Missio”;
-
La Caserma Cavarzerani di Udine (oggi dismessa)
intitolò al capitano Missio la propria Biblioteca;
-
La Scuola Media “Fritz” di Udine ha attribuito il
Suo nome ad un’aula scolastica;
-
La Sezione Regionale dell’Associazione Nazionale
“Nastro Verde” Decorati di Medaglia d’Oro Mauriziana è
ufficialmente intitolata a Ferruccio Missio.
Ma
soprattutto va ricordato lo straordinario romanzo di ricostruzione
storica “Cittadino, Soldato, Eroe” (leggi la conclusione del
romanzo), scritto da Antonio Lenoci e
pubblicato nel 1988 e principalmente dedicato alla figura di
Ferruccio Missio nonché agli altri eroi di Jablanica, fra i quali
spicca la figura di Francesco Angileri, alla cui storia è dedicato
il romanzo dello stesso autore "Il Senso dell'onore", del
1991.
Al personaggio dell’Ufficiale traditore, da taluni
identificato nel capitano Riccardo Illeni, sono dedicate alcune scene del
famoso film “La
Battaglia della Neretva”, girato nel 1969 dal regista
montenegrino Veljko Bulajić, con Yul Brinner, Curd Jürgens
e Orson Welles. Il film fu candidato al Premio Oscar (locandina).
Nel film il capitano Illeni compare a capo di una colonna di
partigiani italiani armati.
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Fonti bio-bibliografiche:
- Famiglia Missio: Signora Maria Angela Missio,
figlia di Ferruccio
- Antonio Lenoci,
Cittadino Soldato Eroe, Editoriale Alpe Adria, Udine 1988
- Antonio Lenoci, Il Senso dell'Onore, Editoriale Alpe Adria,
Udine 1991
- Alpe Adria, rivista in numero unico dell'Associazione "Ferruccio
Missio", 1989
- Gino Bambara, La Guerra di Liberazione nazionale in Jugoslavia,
edizioni Mursia 1988
- Natale Zaccuri, Prolusione per l'intitolazione della sezione
regionale del Friuli Venezia Giulia dell'Associaizone "Nastro
Verde", Udine 2013 |